Saper riconoscere un buon olio extravergine di oliva ed essere in grado di classificarlo ci offre un buon punto di partenza per poterne comprendere l’etichetta e per avere una giusta consapevolezza a tutela della nostra salute.
La Comunità Europea ha classificato gli oli secondo parametri rigorosi al fine di salvaguardare l’elevato valore merceologico  dell’olio di oliva, cercando così di tutelare il consumatore dal pericolo di truffe e contraffazioni. 
Tale classificazione si basa su tre elementi: il tipo di estrazione con cui l’olio è stato ottenuto, la sua composizione, tra cui la percentuale di acidità libera (un parametro misurato tramite l’analisi chimica) e l’analisi organolettica.

Oli di oliva vergini:

Si definiscono oli di oliva vergini quelli ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni  termiche che non causano alterazioni dell’olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione.Detti oli di oliva sono oggetto della classificazione e delle denominazioni che seguono:

  1. Olio extravergine di oliva : Olio di oliva vergine di gusto assolutamente perfetto, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 0,8 g per 100 g; 
  2. Olio vergine di oliva :  Olio di oliva vergine di gusto perfetto, la cui acidità espressa in acido oleico non può eccedere 2 g per 100 g;
  3. Olio lampante : Con acidità libera maggiore del 2%, ovvero un olio che necessita un processo di raffinazione prima di poter essere consumato.

Oli di oliva: 

Sono una miscela di oli rettificati di oliva e oli extravergine o vergine, che per legge ha un’acidità libera massima dell’1%. Grazie alle sue caratteristiche è consigliato per le fritture, come valido sostituto degli oli di semi, o per la cottura di alimenti. È un composto di oli di oliva raffinati e oli di oliva vergini. Nello specifico, si ottiene dal taglio di olio di oliva raffinato con olio di oliva vergine o extra vergine, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 grammo per 100 g.

La legge non stabilisce la percentuale minima di olio vergine o extra vergine da unire al raffinato: normalmente, il taglio medio è nell’ordine del 5-8%, ma i migliori produttori preferiscono spingersi fino al 30%, utilizzando unicamente oli extra vergini che rendano ancor più gradito al palato e nutrizionalmente perfetto il loro “olio di oliva”.

Olio di oliva raffinato:

Pur mantenendo la stessa composizione di acidi grassi tipica degli oli di oliva, l’olio raffinato o rettificato è inodore, incolore e insapore, privo di sostanze benefiche come i polifenoli e commerciabile solo allo stato sfuso. Si ottengono attraverso un processo industriale di raffinazione che riduce l’acidità fino al limite stabilito allo 0,3%, elimina le sostanze ossidate e corregge i difetti organolettici degli oli da cui provengono.

Oli di sansa: 

È un olio estratto tramite solvente dai residui secchi delle olive appena spremute, poi sottoposto a un processo industriale di raffinazione e infine miscelato con olio vergine  o extravergine. La legge stabilisce che l’acidità degli oli di sansa non può superare l’1%.
Olio di sansa di oliva greggio: Questo olio viene estratto mediante solvente o altri processi fisici dalle olive già molite, e deve essere sottoposto ad un processo di raffinazione.

Olio di sansa di oliva raffinato: Si ottiene dalla raffinazione dell’olio di sansa di oliva greggio e può raggiungere un livello di acidità libera dello 0,3%. L’olio di sansa raffinato può essere commercializzato solo allo stato sfuso.

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