Olio di oliva o olio di semi? Da sempre il dibattito è aperto su uno dei temi più discussi nell’ambito dell’alimentazione. Sono due tipi di oli completamente diversi, per caratteristiche e origine, benefici nutrizionali e stabilità e resistenza in cucina a temperature elevate.
Olio di oliva
Come tutti sappiamo l’olio di oliva, in particolare l’extra vergine, è un prodotto di qualità superiore ottenuto dalla spremitura delle olive, buonissimo da gustare a crudo per insaporire i piatti e fondamentale in cottura nella realizzazione di molte ricette. Si tratta dell’unico grasso di origine vegetale prodotto con procedimenti fisici, senza l’utilizzo di nessun tipo di solventi, cosa che invece accade nei vari oli di semi.
Olio di semi
Olio di semi è una definizione molto ampia perché comprende davvero diversi tipi di olio: girasole, soia, arachide e semi in generale. Quest’ultimo è il più a rischio da utilizzare perché spesso lo si usa erroneamente per friggere ma è davvero pericoloso per il suo basso indice di stabilità: addirittura in molti Paesi UE è obbligatorio che in etichetta compaia la dicitura “olio non adatto per fritture”. Esistono poi gli oli di semi modificati, che non hanno nessun sapore ma resistono bene alle alte temperature perché la loro composizione è stata ricreata in laboratorio.
Per la frittura olio di oliva o di semi?
Una credenza popolare, purtroppo ancora molto diffusa, suggerisce di utilizzare oli di semi in frittura perché sono più leggeri. Attenzione, è un’informazione totalmente errata e ne spieghiamo il perché. Forse dipende dal fatto che per friggere serve molto olio e si predilige farlo con oli più economici e meno “gustosi” rispetto all’ottimo olio di oliva. Tanto, si dice, tutti gli alimenti fritti sono buoni già di per sé…
E’ una convinzione sbagliata perché la frittura eseguita correttamente non è dannosa per la salute e questo dipende dal tipo di olio che si sceglie. Ciò significa che l’olio non deve mai raggiungere il punto di fumo cioè subire la rottura delle molecole del grasso. Il punto di fumo è la temperatura massima alla quale un olio arriva senza bruciare e rilasciare sostanze nocive.
L’olio di oliva, e ancora di più quello extra vergine, è perfetto per friggere perché contiene polifenoli, vitamina E ed antiossidanti che lo proteggono durante la frittura. Il processo ossidativo dell’olio, anche in cottura, è diverso a seconda del contenuto di acidi grassi insaturi, della temperatura e della durata della cottura stessa. Un olio ricco di acidi grassi polinsaturi non è l’ideale per friggere. L’olio di oliva è invece ottimo per le fritture perché il suo punto di fumo è molto elevato e lo si può impiegare fino ai 180-210°. Per questo è il grasso da frittura più consigliato dai nutrizionisti e da chi si occupa di salute.
L’olio di semi di girasole e quello di soia arrivano ad un punto di fumo di 130° e sono ricchi di acidi grassi polinsaturi per cui vivamente sconsigliati per le fritture anche se ancor oggi vengono molto utilizzati. L’unico olio di semi accettabile per friggere è quello di arachidi perché raggiunge la temperatura di 180° senza provocare danni alla salute ed ha una composizione in acidi grassi simile a quella dell’olio di oliva.
Riassumendo possiamo dire che l’olio di oliva è il migliore da usare in cucina, in particolare per le fritture perché la sua composizione lo preserva dai danni dell’ossigenazione e delle alte temperature. L’uso dell’olio di semi in cottura, soltanto all’apparenza più leggero in quanto la differenza calorica è irrilevante, è quindi potenzialmente dannoso per l’organismo che lo ingerisce. Al massimo si possono usare gli oli di semi a crudo, meno nocivi ma chi rinuncia a un ottimo extra vergine, dal sapore fruttato e intenso, per condire i piatti con un anonimo olio di semi?